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BG di Raziel thurkear thric

Nome: Raziel thurkear thric(Raziel (notte di nessuno in draconico)

Razza : Dragonborn

Anni:24

Classe/Livello:Bardo/6,Taumaturgo Lirico/1,

Incantatrix/3, Accordo Sublime/1 ,Incantatrix/2

Allineamento:Caotico/Buono

“Non l’ambizione dà forza alla propria volontà, ma la tristezza di cui si fa carico il giusto” in queste parole è riassunto il mio pensiero,il motivo che mi spinge ad andare avanti,a combattere le ingiustizie che imperversano l’intero cosmo,come un bolide giungerò nel giorno più buio e nella notte più profonda,la mia voce sarà straziante per coloro che seguono le vie del male e rincuorante per tutti coloro che portano la luce nel cuore.Vladek Amalit tu mi hai trattato con rispetto e mi hai concesso la tua amicizia,ora è tanto che ci conosciamo e questa notte ti racconterò la mia storia.

Nacqui circa 24 anni or sono a Gater;tutto quello che so dei miei genitori è che erano umani e che nemmeno un legame di sangue così stretto come genitore/figlio potè far molto contro il disgusto che la maggior parte dei viventi ha verso le mie deformità.Mi abbandonarono su una strada di periferia,li mi trovò Pandragon,un mendicante, che ebbe pietà forse di una creatura appena nata…mi sfamò e mi insegno la lingua degli umani perchè da quel che mi raccontò quando fui più grande l’unica lingua che parlavo,se di una lingua si tratta,sono i suoni gutturali che mi escono dalla bocca nei momenti di poca razionalità…più il tempo passava più il mio corpo cresceva,le mie squame si irrobustivano,i miei sensi si sviluppavano e quando ebbi 14anni scoprì di possedere il dono della magia!Con la voce riuscivo a incanalare il potere e con esso crescevano le mie possibilità di aspirare a un futuro migliore,iniziai a lavorare per ogni artigiano che mi offrisse un lavoro,la sera nonostante fossi stanco mi impegnavo a far progressi nella magia.All’età di 18 anni riuscii a comprare una casa a Gater.L’unico passatempo che mi concedevo era a tarda sera stare per ora a guardare le stelle,mi sono sempre chiesto se da qualche parte ci fossero esseri come me…Alla morte di Pandragon decisi che era tempo di staccarmi da quella città,avevo bisogno di qualcuno che potesse insegnarmi come utilizzare correttamente i miei poteri.Col cuore colmo di tristezza mi allontanavo da quella cittadina che per 18 anni era stata la mia casa,nonostante gli insulti della gente e l’esser stato abbandonato alla nascita non c’era odio nel mio cuore ma solo la voglia di trovare un modo che mi avrebbe permesso un giorno di esser accettato da tutti…camminai per due settimane sotto la pioggia(nemmeno il tempo era gentile con me)spesso ripensavo a quanto infelice fosse stata la mia vita e quando pensavo a cosa volesse dire avere un amico una goccia in più si univa a quelle cadute dalle nuvole.Ad Amalit conobbi te,scambiammo 4 chicchiere sui nostri poteri,tu avevi la tristezza nel cuore e te lo leggevo negli occhi ma fosti molto gentile con me.Molto del percorso che ho compiuto te lo devo,infatti la prima cosa che notai è che i tuoi poteri erano in un certo senso notevolmente superiori ai miei,mi dedicai quindi allo studio ramificato delle arti arcane.Ripartii alla volta della capitale.

Arrivato a Kallyste entrai nella sede dei maghi che verificati i miei poteri mi diedero il permesso di accedere a Ralden.Qui un mondo meraviglioso si prostrò ai miei occhi e con un piacere che solo ora puoi capire,mi dedicai quindi allo studio ramificato delle arti arcane,subito dopo mi iscrissi all’accademia per incantrix e dopo due anni venni considerato degno di unirmi agli Accordi sublimi.Qui mi spiegarono che facevo parte degli eletti e che la voglia a forma di occhio sulla mia spalla destra faceva parte della profezia che ben conosci.

Imparai che la musica non è solo un suono piacevole ma una sequenza matematica piena di significato,nulla più di un trampolino per la vera comprensione universale,musica e magia non sono che la medesima cosa:uno strumento per la comprensione dell’infinito!.I sei mesi appresi più potere di quanto non ne avessi mai visto in tutta la mia vita,Traevo il potere dalle stelle,sotto il loro influsso il mio potere aumentava  così come la mia conoscenza.Il primo incantesimo che creai fu imparte per estetica(i miei colori irridescenti erano troppo vistosi,scelsi il nero…più sobrio)d’altro canto irrobustiva le mie squame rendendo più difficile ferirmi,ogni mattina prima di rivelarmi al mondo “vestivo” di nero.Il secondo incantesimo che creai mi permetteva di eruttare dalla bocca uno dei 5 elementi cosa che trovavo irresistibile…in seguito ogni giorno mi proteggevo con strati e strati di incantesimi,un armatura e uno scudo di pura energia,la voce di melodiosa di una sirena,la capacità di muovermi in un lampo…Ora avevo i mezzi per compiere un’impresa che mi avrebbe fatto accettare dal mondo.In circa 3 anni riuscii a stringere amicizia con un discreto numero di incantatori,ero stimato da molti maestri per la mia dedizione alle arti arcane e l’entusiasmo con il quale plasmavo la magia a mio piacimento.Approfondii lo studio di tutta la magia avendone una visione generale che ben pochi incantatori hanno.Ora ti rirovo colmo ti potere e vedo che come me hai scelto la via dell’incantatar,il tuo compagno Targal ha lo stesso odio per me che provano la maggior parte degli esseri viventi ma non importa,sono sicuro che con il tempo imarerà ad accettarmi.


BG di Vladek Amalit

Aspetto: Vladek Amalit è un catfolk di circa 24-25 anni, è alto 175 cm, è abbastanza robusto, occhi castani, capelli neri e lunghi.

BG: Cresciuto all’interno del suo clan Amalit, dal quale appunto prende il suo cognome, situato  nella foresta nei pressi di  Talassa, Vladek ha trascorso un’infanzia abbastanza tranquilla assieme ai suoi amici ma soprattutto assieme a suo fratello Aeyron, più grande di lui di qualche anno. È sempre stato attratto dalla magia e fin da piccolo ha sempre mostrato una certa propensione nell’uso di quest’ultima e ha sempre cercato di capirne qualcosa di più rovistando in segreto tra i pochi libri posseduti dal padre [Probabilmente un mago o qualcosa del genere; era molto riservato quindi Vladek non sa molto di lui], imparando però al massimo qualche piccolo trucchetto.
I giorni passavano tranquilli finché una notte un gruppo di ladri del clan Running Brook decise che l’obiettivo della serata sarebbe stata la piccola casetta Amalit, situata sul terzo albero più alto della zona; Aeyron però, alzatosi per sgraffignare qualcosa da mangiare si ritrovò nel bel mezzo del saccheggio, purtroppo non ebbe nemmeno il tempo di gridare aiuto alla famiglia che fu accoltellato alle spalle, i ladri, saccheggiati la maggior parte degli oggetti di valore in casa, fuggirono indisturbati. Il mattino seguente Vladek fu svegliato dal dispiacere dei genitori, che piangevano l’ormai defunto figlio.
Alzatosi dal letto si diresse verso la sala principale per capire cosa stesse accadendo, e la prima cosa che vede non fu certo delle più belle, la madre piangente in ginocchio con la sagoma del fratello a terra priva di vita, il dolore di quella scena era indescrivibile.
Pochi giorni dopo il funerale, Vladek fu costretto a riprendere la sua vita normale, guadagnava quelle poche monete d’oro che gli bastavano per avere una certa autosufficienza come aiutante di un mercante d’armi, finché un giorno, tentando di convincere una persona a comprare un pugnale di dubbia fattura, strinse amicizia con un elfo, questi gli parlò delle sue incredibili gesta, gli raccontò che un giorno, mentre affrontava uno dei suoi viaggi, nei pressi di Talissa, nello stato di Vellyon  incontrò un potente mago(o almeno lui credeva lo fosse), in grado addirittura di rianimare i morti, l’elfo però gli confessò che probabilmente il mago ormai era defunto siccome quando lo conobbe era ormai vecchio e quasi non si reggeva in piedi da solo…Dopo quel racconto un solo pensiero balenava nella testa del catfolk, avrebbe potuto sviluppare i suoi poteri arcani ( di cui già aveva una discreta padronanza) per poter affrontare un viaggio da solo e cercare il mago per resuscitare il suo caro fratello Aeyron, scomparso ormai da qualche mese, del resto non sarebbe stato difficile imparare qualche incantesimo considerando che già quando era un fanciullo aveva imparato qualche trucchetto di magia…Ovviamente si sbagliava, non era così semplice, ma ci doveva almeno provare…
Ma di certo non poteva partire così su due piedi, nel suo piccolo villaggio vi era una piccola accademia, se così si poteva definire, era molto varia, vi si insegnava un po’ di tutto, dal combattimento alla progressione delle conoscenze arcane, purtroppo non era niente di che, dovendosi occupare di tutto, non era come si potrebbe definire una “accademia di specializzazione”. Durante uno dei suoi viaggi di esplorazione nella foresta, Vladek fece un piacevole incontro, nel cuore inoltrato della foresta(non troppo distante dal villaggio, ma ben nascosto ) risiedeva un potente Incantatar, si faceva chiamare Uraka, e gli insegnò tutto ciò che sapeva sulla metamagia; “Ti insegno queste cose perché tu sei il prescelto” disse, “Il prescelto? Che intende dire” rispose Vladek, “Lo scoprirai…”. Passò così qualche anno di apprendistato da Uraka, facendo avanti e indietro tra il suo villaggio e il suo rifugio, sin quando un giorno, come se nulla fosse, l’Incantatar sparì, e così anche il suo rifugio, come se non ci fosse mai stato, per Vladek questo fu come un segno, forse era giunto il momento di partire alla volta di Talissa.
Poche settimane dopo così, decise di informare i suoi genitori della sua scelta, sarebbe partito alla volta di Talissa, per apprendere quanto di più possibile sulla magia, ma non disse nulla riguardo alle sue intenzioni di rianimare il fratello; non furono i genitori più felici del mondo quando ascoltarono le sue intenzioni, ma ormai Vladek aveva raggiunto la maggiore età e non avrebbero potuto fare nulla per fermarlo, così qualche giorno più tardi, conclusi i preparativi per il viaggio, e salutato i suoi amici e i suoi familiari, prese il primo “trasporto” del villaggio diretto nella città di Talissa, o almeno nei pressi di quest’ultima.
Il suo viaggio non fu semplice come si aspettava, la carovana fu varie volte assalita da banditi fino a quando il “capitano” della spedizione non decise che era giunto il momento di fermarsi, che non avrebbe avuto senso proseguire il viaggio; mancava ancora molto ai confini della città Talissa e Vladek doveva trovare un modo per raggiungere quel territorio a costo di affrontare il viaggio a piedi…

 

 

N.B.: Come per l’altro BG, l’ho riportato integralmente come scritto dal PG. Il bello di D&D è anche questo!


BG di Targal Un-Hol-Badek

Nome: Targal Un-Hol-Badek (cognome del mastro fabbro che lo ha accolto Uirich)

Razza: Nano mezzo-minotauro

Anni: 62

Classe e livello: 3 Anima prescelta/4 Guerriero/3 Lanciatore Brutale/1 Maestro Tiratore/3 Martello di Moradin

Allineamento: Legale/Buono

Background:

“Le rudi forme di un nano così svilite e deturpate dall’ignominia” questo risponde Targal quando un avventuriero appena giunto in città gli chiede le sue origini. “I minotauri, mostruose ed orrende bestie, degne solo d’essere l’incudine del mio martello, dei colpi violenti in nome di Moradin. Si sono insediati sotto le nostre montagne, a gozzovigliare e smembrarsi lo spirito, quando meriterebbero solo che il corpo gli fosse smembrato del tutto, da me, come da qualsiasi altro mio compagno. Così è cominciata la storia della mia vita: io sono il figlio dell’odio”. Ed intanto si siede su una rustica sedia della locanda in cui si trova e, fissando aspramente gli occhi dell’interlocutore, continua: “Sono nato nell’aspetto e nell’anima, simile e lontano, al contempo, dal potente Moradin e, infausto, ho affibbiato a tale forma lo scotto di un parto innaturale: mia madre è morta durante il mio concepimento. Ah.. questi occhi, questo riverbero fuligginoso dei miei occhi, e questa peluria incolta e dirompente sono i segni di uno scempio. Mio padre, potresti chiedere? Mio padre è un minotauro, uno di quei demoni del sottosuolo, uno di quegli esseri che minano più degli altri la salute e il progredire della robusta stirpe nanica; mia madre è stata violata nel suo sigillo più intimo.. come tuonano queste parole, più del rimbombo di un martello sul ferro rovente, in un’officina ricolma di fumo: ecco come sono nato io, dopo numerose di queste volte; e intanto il mio seme gemeva invano, incosciente fino a quando Uirich, il mastro armiere, l’unico ad avere la forza e la possenza di pronunciare tali parole, mi ha mostrato cruda la verità. Quanto devo a quell’uomo, non basterà la birra, seppur la nostra sia la migliore birra di sempre, non basterà a ripagarlo del male, della verità  e della sua stessa identità di cui questo nano mi ha fatto dono.” L’interlocutore, a sentire queste parole, e a vedere un nano così possente quasi commuoversi al pronunciarle, prova un sussulto di panico ed inarrivabile comprensione. Poi chiede a Targal quale sia stato il suo cammino fin lì e allora comincia un lungo racconto: “Sono cresciuto nell’incomprensione della mia ferinità fino all’età di 21 anni, quando venni a conoscenza delle mie origini e sentii, nel mio petto, il richiamo alle armi di Moradin. Quest’empietà mi aveva disvelato il destino che mi era stato concesso fin dall’unione tra Leida, mia madre, e la bestia. Cominciai a lavorare come fabbro al fianco di Uirich, temprando il mio fisico e la mia mente più duramente del metallo stesso, e mi forgiai un martello perfetto, il martello del mio dio, il martello che non mi avrebbe mai abbandonato; con questo martello mi allenai duramente ed intensamente, ed imparai a comprendere l’onere di tale peso, fin da quando sollevai, la prima volta, il ferro non battuto, lancinante per le fiamme della forgia. Intanto vivevo intensamente la vita della mia città, una di quelle famose del Kurtol-Thar, mi destreggiavo tra locande, per godere a pieno di ciò che a pieno sarei dovuto essere, un nano, chiese, per adempiere ciò a cui ero destinato, armeria, dove preparavo il mio prossimo futuro, e forgia, dove il mio futuro continuavo a costruirlo. Beh.. questi martelli” indicando i tre martelli che porta con sé “sono stati la mia più grande opera, perché guidati dallo spirito di Moradin. Il primo, come ti ho detto, straniero, l’ho forgiato all’età di 25 anni, da giovane, e si chiama Gorevar, Segugio di Moradin, ed insegue senza sosta chi osa minare la nostra civiltà ed il nostro onore, il secondo l’ho forgiato a 48 anni, molti anni dopo, e si chiama Reksa, Fragore di Moradin. Diversi eventi mi hanno portato a forgiare tre martelli, ed ognuno ne porta le ferite profonde o le gioie indissolute che mi hanno lasciato in memoria. Il primo, come potrai aver capito, viandante, è stato forgiato in ricordo di mia madre e, se ben vedi, raffigura, sul lato manco, un minotauro steso sul fianco, sanguinante e dolente, come un insospettabile spettatore della propria disfatta, mentre, sull’altro lato, vi è inciso Leia, il nome di mia madre, definito da contorni di pirite. Il secondo martello, invece, porta con sé la memoria del mia infaticabile lotta ai confini della città, in un duro periodo di scontri e violenze. Molti compagni sono caduti in quegli scontri, e la mia stessa donna, Aranvin, una nana dai tratti tiepidi e delicati; il suo viso mi ricorda il tepore della forgia mentre si fredda, in quei momenti in cui mi attendeva, recando le gemme che aveva raccolto con mio fratello, Barek, fratello d’intenti, s’intende, la personalità più vicina a Moradin che io conosca.” E, trattenendo il naturale tremolio delle labbra, dovuto alla piacevolezza dei ricordi, più che ad una reale umana commozione “Ma ora anche lei mi attende, protetta dalle braccia dello Spirito Forgiatore. Il dolore che senti nelle mie parole non è per niente commisurabile a quello che sento nel mio petto, tuttavia ho imparato a controllare lo spirito, per essere ferreo in battaglia e nella vita: se chi deve essere forte si mostra debole, cosa farà chi ha bisogno di forza.. Seppure so bene che non è debolezza la mia, non è paura quella che mi conduce allo strazio di quei ricordi, a gemere nel limitare del mio cuore, e a temere, tuttavia penso che nella tua esperienza di viaggio tu abbia incontrato persone che, anziché temere il guerriero, temono l’arma; io ho sempre temuto il guerriero, a volte ho anche temuto me stesso. Reksa porta inciso lungo tutto il suo contorno le scene di quella lotta, e questa verde apofillite tiene con sé il mio cordoglio. Il terzo martello, l’ultima tappa, per ora, della mia vita, si chiama Daregal, Tempra di Moradin, ed è il martello più potente che ho. Quest’arma mi aiuta a difendermi dai nemici più vicini, quelli i cui occhi ricordano le mie origini insane. Duro e rapido, modellato nella cavità di una grotta della catena montuosa ad Ovest, al caldo naturale di quel luogo, e temprato in una spelonca che affaccia sulla spiaggia, vibrante al freddo marino che si ergeva poderoso e raggelante. Questo martello da guerra ricorda la mia venuta a conoscenza della classe dei “Predestinati”. Tutti, nella mia città, conoscono tale leggenda, ed ora tale realtà, ma nessuno mai mi aveva appellato in tal modo; siamo un popolo semplice, e gli effluvi del fumo di forgia, della buona birra e della fedele compagnia ci fanno tralasciare ciò che potrebbe restare in noi delle convinzioni comuni. Eppure è bastato che mi allontanassi un bel po’ dalla mia città, per una missione di accordo nelle terre vicine, in nome di Moradin, perché venissi a conoscenza di quanto gli dei con me fossero stato singolari. Un onore, penserai, ebbene per me è onorevole servire Moradin in tutti i modi in cui mi è possibile, ed è onore ed onere rispettare quanta fiducia abbia riposto nel figlio dell’odio, perché da questa semenza mi allontani. Quest’arma è stata forgiata da me a 52 anni, nel pieno delle mie capacità di fabbro,  risente dell’esperienza acquisita. Porta inciso lo stesso simbolo che mi ha sempre marchiato, il simbolo dei “Predestinati”, su entrambe le facce: da un lato domina la corniola, dall’altro il diaspro. Ebbene quello che credevo fosse il simbolo dell mia genesi immonda e bestiale, si è rivelato essere il simbolo di una futura ascesa, il simbolo della chiamata alle armi del Padre dei nani. Eh.. come sono arrivato fin qui? Alla zelante e speranzosa ricerca degli altri “Predestinati”, protetti, consci o non consci, da Moradin.. ricerca che si è conclusa in te”. Così detto, l’interlocutore alza il braccio ed ordina qualcosa da mangiare.

 

 

N.B.:Questo è il BG scritto da uno dei miei giocatori che ho riportato fedelmente senza modifiche. Enjoy!